Storia e regole del salto in alto

Ultimo aggiornamento: 23.04.24

 

Disciplina Olimpica tra le più difficili, il salto in alto richiede potenza e agilità. Scopriamo di più sulle sue origini e sulle regole.

 

Le Olimpiadi estive sono un evento sportivo atteso sempre con grande eccitazione dagli appassionati di atletica, ma ancora di più dagli sportivi stessi. Le discipline atletiche come la corsa, il salto con l’asta e il salto in alto non godono di grande popolarità e l’Olimpiade resta la manifestazione più ambita per dimostrare le proprie abilità e il frutto dei propri sacrifici al pubblico. 

Il salto in alto in particolare viene apprezzato per la sua purezza, in quanto per superare l’asticella, l’atleta non avrà alcun attrezzo (come il trampolino o l’asta) se non il suo corpo. Le gare di atletica individuali sono sempre affascinanti, proprio perché lo sportivo deve sfidare se stesso e non altri concorrenti. Alzare l’asticella spesso è una scommessa sulle proprie capacità e come tutti gli atleti delle altre discipline Olimpiche, anche i saltatori in alto sognano il nuovo record mondiale e un posto sul podio. 

 

La storia

Dove nasce il salto in alto? Probabilmente questa disciplina veniva già praticata nell’Antica Grecia, sebbene non esista alcuna documentazione che lo dimostri. La prima gara ufficiale infatti risale al diciannovesimo secolo e fu tenuta in Scozia. Come tutte le discipline, anche il salto in alto era leggermente diverso da come lo conosciamo oggi, infatti gli atleti solevano eseguire il salto con una sforbiciata, gettando prima una gamba e poi l’altra al di la dell’asticella. 

L’esigenza di cambiare tecnica nacque per gli evidenti limiti della sforbiciata, infatti questo salto non permetteva di superare l’asticella al di là di un tot di metri. Per questo fu adoperato il cosiddetto ‘western roll’, un salto con la gamba esterna verso l’alto e il corpo proiettato oltre l’asticella. Con questa tecnica, l’atleta George Horine stabilì il record di salto in alto a 2,01 metri nel 1912, mentre negli anni successivi il western roll fu cambiato con il salto ventrale o ‘straddle’ che fu ampiamente usato fino al 1964. 

Nonostante questa tecnica a volte fa fare alti salti, si rivelò comunque inadeguata per superare determinate altezze dell’asticella. La tecnica del salto ‘Fosbury’, ovvero quella moderna, fu inventata da Dick Fosbury usando un materasso più alto e soffice che permetteva un atterraggio morbido eseguendo una rotazione che andava a modificare il salto ventrale. Con questa innovativa tecnica, l’atleta diede il nome a uno stile di salto

Il Fosbury consiste nel saltare l’asticella facendo passare testa e spalle oltre l’asticella per prime, seguite poi dalla gambe grazie allo scivolamento della schiena, tenendola arcuata in modo da non toccare l’asticella. La tecnica esplose ai giochi Olimpici del 1968, con l’ultimo record mondiale di 2,45 m detenuto da Javier Sotomayor nel 1993 con un salto che ancora oggi è impressionante. Il record del salto in alto femminile invece appartiene all’atleta svedese Kajsa Bergqvist con 2,08 m. 

 

Il regolamento

Sebbene il salto alla Fosbury sia il più utilizzato, in realtà gli atleti possono decidere quale tecnica utilizzare, a patto che rispettino le regole della competizione. Chiaramente i salti precedenti al Fosbury sono ormai considerati obsoleti, in quanto a confronto risultano poco efficaci. Le regole del salto in alto sono abbastanza semplici, ma ogni atleta deve assolutamente rispettarle per evitare che il proprio salto venga invalidato.

Prima di tutto l’asticella viene regolata all’altezza più bassa del livello di competizione e ad ogni tentativo viene alzata di 3 o 5 cm, oppure di solo 1 cm per i tentativi da record mondiale. 

L’atleta decide con quale altezza iniziare e se riesce a portare a termine un salto senza toccare l’asticella, costringerà tutti gli altri atleti a provare un salto con quella stessa altezza. 

Ogni saltatore dispone di tre tentativi per superare l’asticella e viene eliminato dalla gara se questi vengono considerati nulli, ovvero se nel salto tocca l’asticella facendola cadere. Se invece riesce a saltare l’asticella nei tre tentativi, allora dovrà alzarla di qualche centimetro oppure decidere direttamente di passare all’altezza successiva. Il salto in alto quindi richiede anche una certa consapevolezza delle proprie abilità e una grande fiducia in se stessi. 

Nelle competizioni viene dichiarato vincitore l’atleta che riesce a saltare più in alto degli altri, mentre in caso di parità si concede la vittoria a quello che ha superato la prova con meno tentativi. In alcuni casi, quando non si riesce a determinare il vincitore della gara, si passa ad uno spareggio con altri salti. 

L’asticella è realizzata in plastica rinforzata con vetro o alluminio, resistente ma comunque abbastanza morbida da prevenire qualsiasi tipo di infortunio agli atleti, è lunga circa 4 metri e si fissa per il salto in alto a un’altezza minima a seconda del tipo di competizione. Dietro l’asticella si trova un materasso molto ampio e spesso che assicura un atterraggio morbido agli atleti. In passato si usava la sabbia come per il salto in lungo, per questo era praticamente impossibile per gli atleti usare la tecnica Fosbury. 

La tecnica del salto in alto

Gli atleti devono necessariamente saltare usando un solo piede, i salti a due piedi vengono considerati non validi e quindi determinano la squalifica. Il salto è ‘nullo’ solo se l’asticella cade a terra, quindi l’atleta può toccarla. La tecnica si divide in rincorsa, stacco, volo e atterraggio. Prima di iniziare la rincorsa l’atleta si raccoglie per concentrarsi il più possibile, poi comincia a correre verso l’ostacolo con una velocità crescente. 

La rincorsa serve a generare quanta più energia possibile e velocità per poter effettuare lo stacco da terra, durante il quale inizia la rotazione per completare il volo sopra l’asticella, facendo passare prima testa e spalle, seguite dalle gambe attraverso lo scivolamento della schiena. Infine si conclude con l’atterraggio sul materasso.

 

 

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